pirex
2010-05-07 21:33:44 UTC
9 MAGGIO 1978 - 9 MAGGIO 2010
CONTRO MAFIA E FASCISMO
LA RESISTENZA CONTINUA!
Peppino Impastato non è morto invano
di Lirio Abbate
Sono passati trentadue anni da quando il giornalista di Radio
Aut, che da Cinisi denunciava gli intrecci tra mafia e
politica, fu ucciso sulle rotaie della ferrovia
Trapani-Palermo.
Non sono trascorsi invano.
Il suo esempio alla denuncia e alla ribellione contro Cosa
nostra trascina i giovani di oggi a dire no alla mafia.
E conduce sempre più a sostenere la libertà di informare per
la quale Peppino è stato ucciso
Quella di Peppino Impastato è una storia di coraggio e di
riscatto consumata in una terra difficile ma straordinaria.
Un ragazzo che negli anni Settanta aveva deciso di
dichiarare guerra alla mafia denunciandone gli intrecci
illeciti con la politica e i traffici di droga.
Lo faceva attraverso Radio Aut, un'antenna libera che Peppino
e i suoi amici avevano acceso nel piccolo paese di Cinisi,
alle porte di Palermo.
In poco tempo con la sua informazione era diventato una spina
nel fianco del capomafia che viveva a cento passi da casa
sua.
E nell'isolamento di un paese interamente controllato dal
potente boss Gaetano Badalamenti, Peppino costituiva per la
sua sola esistenza un affronto per il capomafia,
rappresentando ogni sua parola una sfida allo strapotere dei
mafiosi.
Era la libera informazione che non piaceva a Cosa nostra.
Come oggi non piace a chi propone leggi bavaglio per i
giornalisti.
Per questo Impastato andava eliminato con la violenza, e
dopo la sua morte calunniato per evitare che diventasse un
martire, un simbolo dell'antimafia, creando la messinscena di
un Peppino eversore, vittima dei preparativi di un fallito
attentato terroristico sui binari della ferrovia.
Era un militante della sinistra extraparlamentare Peppino, e
quando viene ucciso ha trent'anni.
Lo assassinano in modo atroce, mettendogli nel petto - dopo
averlo legato sulle rotaie della ferrovia - una carica di
tritolo.
Fece rumore, l'esplosione.
Un gran fragore ruppe il silenzio la notte dell'8 maggio
1978.
Eppure nessuno volle sentire quel botto:
Cinisi, già famosa per aver dato i natali a Badalamenti,
rimase impassibile, coi suoi uomini d'onore dislocati nei
punti strategici del paese a guardare lo svolgimento delle
indagini non senza ostentare un ghigno di soddisfazione.
Gli investigatori non vollero sentire neppure la società
civile siciliana, e i giornali, come certa magistratura
catalogarono immediatamente quel delitto di mafia, il primo
della lunga mattanza, come un “incidente” capitato ad un
”terrorista” che stava per compiere un attentato e nello
stesso giorno in cui le Brigate rosse restituivano agli
italiani il corpo di Aldo Moro.
Già, perché Peppino Impastato aveva almeno due “peccati
d'origine”:
il primo, non era uomo delle istituzioni ma un cittadino
semplice;
il secondo, era comunista e poco importava se la sua attività
di militante, di giornalista che faceva contro informazione
dai microfoni della piccola “Radio Aut” , era rivolta
esclusivamente a denunciare gli interessi dei mafiosi, di don
Tano e dei suoi accoliti politicanti travestiti da
amministratori pubblici.
Sono trentadue anni, adesso. Non sono trascorsi invano.
E nemmeno Peppino è morto invano.
Il suo esempio alla denuncia e alla ribellione da Cosa
nostra trascina i giovani di oggi a dire no alla mafia.
E conduce sempre più a sostenere la libertà di informare per
la quale Peppino è stato ucciso.
In occasione del 32esimo anniversario della morte di
Impastato, a Cinisi domenica si svolge un corteo dalla sede
di Radio Aut a Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, a
partire dalle ore 17.
Per maggiori iniziative sulla marcia e sulle altre
iniziative: www.peppinoimpastato.com
(07 maggio 2010)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bolzoni/2126617
“I CENTO PASSI”
“Tra la casa di Peppino Impastato e quella di Gaetano
Badalamenti ci sono cento passi.
Li ho consumati per la prima volta in un pomeriggio di
gennaio, con uno scirocco gelido che lavava i marciapiedi e
gonfiava i vestiti.
Mi ricordo un cielo opprimente e la strada bianca che
tagliava il paese in tutta la sua lunghezza, dal mare fino
alle prime pietre del monte Pecoraro.
Cento passi, cento secondi: provai a contarli e pensai a
Peppino.
A quante volte era passato davanti alle persiane di Don Tano
quando ancora non sapeva come sarebbe finita.
Pensai a Peppino, con i pugni in tasca, tra quelle case,
perduto con i suoi fantasmi. Infine pensai che è facile
morire in fondo alla Sicilia.”
(Claudio Fava, “Cinque delitti imperfetti”, Mondatori 1994,
p.9)
Già nel ’78 la storia di Peppino aveva ispirato due efficaci
servizi televisivi di Michele Mangiafico e di Giuseppe
Marrazzo.
L’idea di fare un film sulla vicenda viene, nel 79 al regista
Gillo Pontecorvo.
Egli arriva a Cinisi per un’indagine preliminare, si informa
se nella vita di Peppino c’era qualche ragazza, chiede per
quale motivo la gente avrebbe dovuto dare ascolto a Peppino e
al suo messaggio, sparisce senza dare più notizie.
Nel 1993 Claudio Fava e il regista Marco Risi preparano, per
Canale 5, un servizio su Peppino, il primo di una serie
intitolata “Cinque delitti imperfetti”, quelli di Impastato,
Boris Giuliano, Giuseppe Insalaco, Mauro Ristagno e Giovanni
Falcone.
Nel 1995 ci prova il regista Antonio Garella, che prepara un
video, poi inspiegabilmente non più trasmesso, per la
trasmissione televisiva “Mixer”.
C’è anche qualche “Piovra” televisiva che si ispira al caso
di un giovane impegnato contro la mafia, che lavora in una
radio libera.
Nel 1998 è la volta del giovane regista Antonio Bellia con un
video di 32 minuti dal titolo “Peppino Impastato: storia di
un siciliano libero”, distribuito da “Il Manifesto”.
Contemporaneamente Claudio Fava e la sua compagna Monica
Capelli cominciano a lavorare su una sceneggiatura, mi
richiedono una copia delle registrazioni di Radio Aut,
concorrono al Premio Solinas, che vincono, e con il quale si
ottengono una parte dei fondi per finanziare il film.
Il lavoro di regia viene affidato a Marco Tullio Giordana,
già autore di alcuni films d’impegno, come “Maledetti vi
amerò” (1980) e “Pasolini, un delitto italiano” (1995),
autore anche di un romanzo edito nel 1990 “Vita segreta del
signore delle macchine”:
come scritto in un settimanale, si ritrova nella sua opera
“l’ossessivo filo conduttore del confronto con la memoria”.
Giordana, con molto scrupolo professionale, individua i
luoghi, ascolta le testimonianze, recepisce i suggerimenti di
modifica di alcune parti di sceneggiatura, assume gli attori,
in gran parte locali e, comunque siciliani:
tra di essi Luigi Lo Cascio, un attore di teatro alla sua
prima esperienza, che recita la parte di Peppino,, cui
somiglia in modo impressionante, Lucia Sardo, ottima
interpetre della madre di Peppino, Gigi Burruano, il padre di
Peppino, che conferisce al suo personaggio una drammatica e
toccante umanità, Tony Sperandeo, ormai specializzato nella
parte del mafioso e, in questo caso di Tano Badalamenti,
Claudio Gioè, interamente dentro la parte di Salvo Vitale.
Il film crea scalpore ed entusiasmo a Cinisi, coinvolge
l’intero paese e riesce ad ottenere molti più risultati di
quanti non se ne erano conseguiti in vent’anni di lavoro
politico.
Dopo alcuni mesi di intenso impegno, grazie anche al sostegno
del giovane produttore Fabrizio Mosca, Giordana riesce a
concludere il lavoro e partecipa, il 31 agosto, al Festival
di Venezia: l’effetto è subito sconvolgente: dodici minuti di
applausi, entusiasmi, premio per la migliore sceneggiatura,
leoncino d’oro a Lorenzo Randazzo, che interpreta la parte di
Pappini bambino.
Man mano che esce nelle sale cinematografiche, il film
continua a raccogliere consensi, a suscitare emozioni e si
conclude costantemente con applausi spontanei e forti momenti
di commozione:
il regista ha saputo creare un prodotto equilibrato in ogni
sua parte, calato quasi totalmente nel fatto reale e che
ruota in una serie di tematiche ancora presenti nella
memoria, dalla splendida utopia del ’68 alla forza delle idee
della sinistra extra-parlamentare, alla dinamica dei
conflitti familiari nel triangolo padre-madre-fratello,
all’intuizione dell’uso politico dello strumento radiofonico,
all’entusiasmo giovanile dei compagni di lotta, alla
creatività degli hyppies e dei movimenti del ’77, alla
crudeltà di un sistema che non esita a ricorrere alla morte
nei confronti di chi lo smaschera e ne denuncia i misfatti.
Le scuole di tutta Italia, le università, le associazioni
culturali scoprono Peppino Impastato e proiettano il film
aprendo dibattitisu questa pagina di storia e di vita.
Il film è scelto anche per rappresentare l’Italia all’Oscar,
come miglior film straniero, ma non avrà la fortuna di
concorrere alla fase finale del premio per le stesse ragioni
a suo tempo avanzate per “Il Postino”:
è un film “comunista”, o quantomeno un film in cui il
comunismo è considerato una “positiva” scelta di vita:
per gli americani è meglio lasciar perdere.
In compenso, nell’aprile del 2001 il film vince cinque David
di Donatello, tra i quali quello per la scuola e quello per
io miglior attore protagonista, Luigi Lo Cascio.
(Tratto dal libro “Nel cuore dei coralli Peppino Impastato
una vita contro la mafia” di Salvo Vitale, Ed. Rubbettini, p.
246)
http://www.peppinoimpastato.com/i_cento_passi_film.htm
REALTA’ E FICTION NE “I CENTO PASSI”
http://www.peppinoimpastato.com/i_cento_passi.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Peppino_Impastato
CONTRO MAFIA E FASCISMO
LA RESISTENZA CONTINUA!
Peppino Impastato non è morto invano
di Lirio Abbate
Sono passati trentadue anni da quando il giornalista di Radio
Aut, che da Cinisi denunciava gli intrecci tra mafia e
politica, fu ucciso sulle rotaie della ferrovia
Trapani-Palermo.
Non sono trascorsi invano.
Il suo esempio alla denuncia e alla ribellione contro Cosa
nostra trascina i giovani di oggi a dire no alla mafia.
E conduce sempre più a sostenere la libertà di informare per
la quale Peppino è stato ucciso
Quella di Peppino Impastato è una storia di coraggio e di
riscatto consumata in una terra difficile ma straordinaria.
Un ragazzo che negli anni Settanta aveva deciso di
dichiarare guerra alla mafia denunciandone gli intrecci
illeciti con la politica e i traffici di droga.
Lo faceva attraverso Radio Aut, un'antenna libera che Peppino
e i suoi amici avevano acceso nel piccolo paese di Cinisi,
alle porte di Palermo.
In poco tempo con la sua informazione era diventato una spina
nel fianco del capomafia che viveva a cento passi da casa
sua.
E nell'isolamento di un paese interamente controllato dal
potente boss Gaetano Badalamenti, Peppino costituiva per la
sua sola esistenza un affronto per il capomafia,
rappresentando ogni sua parola una sfida allo strapotere dei
mafiosi.
Era la libera informazione che non piaceva a Cosa nostra.
Come oggi non piace a chi propone leggi bavaglio per i
giornalisti.
Per questo Impastato andava eliminato con la violenza, e
dopo la sua morte calunniato per evitare che diventasse un
martire, un simbolo dell'antimafia, creando la messinscena di
un Peppino eversore, vittima dei preparativi di un fallito
attentato terroristico sui binari della ferrovia.
Era un militante della sinistra extraparlamentare Peppino, e
quando viene ucciso ha trent'anni.
Lo assassinano in modo atroce, mettendogli nel petto - dopo
averlo legato sulle rotaie della ferrovia - una carica di
tritolo.
Fece rumore, l'esplosione.
Un gran fragore ruppe il silenzio la notte dell'8 maggio
1978.
Eppure nessuno volle sentire quel botto:
Cinisi, già famosa per aver dato i natali a Badalamenti,
rimase impassibile, coi suoi uomini d'onore dislocati nei
punti strategici del paese a guardare lo svolgimento delle
indagini non senza ostentare un ghigno di soddisfazione.
Gli investigatori non vollero sentire neppure la società
civile siciliana, e i giornali, come certa magistratura
catalogarono immediatamente quel delitto di mafia, il primo
della lunga mattanza, come un “incidente” capitato ad un
”terrorista” che stava per compiere un attentato e nello
stesso giorno in cui le Brigate rosse restituivano agli
italiani il corpo di Aldo Moro.
Già, perché Peppino Impastato aveva almeno due “peccati
d'origine”:
il primo, non era uomo delle istituzioni ma un cittadino
semplice;
il secondo, era comunista e poco importava se la sua attività
di militante, di giornalista che faceva contro informazione
dai microfoni della piccola “Radio Aut” , era rivolta
esclusivamente a denunciare gli interessi dei mafiosi, di don
Tano e dei suoi accoliti politicanti travestiti da
amministratori pubblici.
Sono trentadue anni, adesso. Non sono trascorsi invano.
E nemmeno Peppino è morto invano.
Il suo esempio alla denuncia e alla ribellione da Cosa
nostra trascina i giovani di oggi a dire no alla mafia.
E conduce sempre più a sostenere la libertà di informare per
la quale Peppino è stato ucciso.
In occasione del 32esimo anniversario della morte di
Impastato, a Cinisi domenica si svolge un corteo dalla sede
di Radio Aut a Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, a
partire dalle ore 17.
Per maggiori iniziative sulla marcia e sulle altre
iniziative: www.peppinoimpastato.com
(07 maggio 2010)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bolzoni/2126617
“I CENTO PASSI”
“Tra la casa di Peppino Impastato e quella di Gaetano
Badalamenti ci sono cento passi.
Li ho consumati per la prima volta in un pomeriggio di
gennaio, con uno scirocco gelido che lavava i marciapiedi e
gonfiava i vestiti.
Mi ricordo un cielo opprimente e la strada bianca che
tagliava il paese in tutta la sua lunghezza, dal mare fino
alle prime pietre del monte Pecoraro.
Cento passi, cento secondi: provai a contarli e pensai a
Peppino.
A quante volte era passato davanti alle persiane di Don Tano
quando ancora non sapeva come sarebbe finita.
Pensai a Peppino, con i pugni in tasca, tra quelle case,
perduto con i suoi fantasmi. Infine pensai che è facile
morire in fondo alla Sicilia.”
(Claudio Fava, “Cinque delitti imperfetti”, Mondatori 1994,
p.9)
Già nel ’78 la storia di Peppino aveva ispirato due efficaci
servizi televisivi di Michele Mangiafico e di Giuseppe
Marrazzo.
L’idea di fare un film sulla vicenda viene, nel 79 al regista
Gillo Pontecorvo.
Egli arriva a Cinisi per un’indagine preliminare, si informa
se nella vita di Peppino c’era qualche ragazza, chiede per
quale motivo la gente avrebbe dovuto dare ascolto a Peppino e
al suo messaggio, sparisce senza dare più notizie.
Nel 1993 Claudio Fava e il regista Marco Risi preparano, per
Canale 5, un servizio su Peppino, il primo di una serie
intitolata “Cinque delitti imperfetti”, quelli di Impastato,
Boris Giuliano, Giuseppe Insalaco, Mauro Ristagno e Giovanni
Falcone.
Nel 1995 ci prova il regista Antonio Garella, che prepara un
video, poi inspiegabilmente non più trasmesso, per la
trasmissione televisiva “Mixer”.
C’è anche qualche “Piovra” televisiva che si ispira al caso
di un giovane impegnato contro la mafia, che lavora in una
radio libera.
Nel 1998 è la volta del giovane regista Antonio Bellia con un
video di 32 minuti dal titolo “Peppino Impastato: storia di
un siciliano libero”, distribuito da “Il Manifesto”.
Contemporaneamente Claudio Fava e la sua compagna Monica
Capelli cominciano a lavorare su una sceneggiatura, mi
richiedono una copia delle registrazioni di Radio Aut,
concorrono al Premio Solinas, che vincono, e con il quale si
ottengono una parte dei fondi per finanziare il film.
Il lavoro di regia viene affidato a Marco Tullio Giordana,
già autore di alcuni films d’impegno, come “Maledetti vi
amerò” (1980) e “Pasolini, un delitto italiano” (1995),
autore anche di un romanzo edito nel 1990 “Vita segreta del
signore delle macchine”:
come scritto in un settimanale, si ritrova nella sua opera
“l’ossessivo filo conduttore del confronto con la memoria”.
Giordana, con molto scrupolo professionale, individua i
luoghi, ascolta le testimonianze, recepisce i suggerimenti di
modifica di alcune parti di sceneggiatura, assume gli attori,
in gran parte locali e, comunque siciliani:
tra di essi Luigi Lo Cascio, un attore di teatro alla sua
prima esperienza, che recita la parte di Peppino,, cui
somiglia in modo impressionante, Lucia Sardo, ottima
interpetre della madre di Peppino, Gigi Burruano, il padre di
Peppino, che conferisce al suo personaggio una drammatica e
toccante umanità, Tony Sperandeo, ormai specializzato nella
parte del mafioso e, in questo caso di Tano Badalamenti,
Claudio Gioè, interamente dentro la parte di Salvo Vitale.
Il film crea scalpore ed entusiasmo a Cinisi, coinvolge
l’intero paese e riesce ad ottenere molti più risultati di
quanti non se ne erano conseguiti in vent’anni di lavoro
politico.
Dopo alcuni mesi di intenso impegno, grazie anche al sostegno
del giovane produttore Fabrizio Mosca, Giordana riesce a
concludere il lavoro e partecipa, il 31 agosto, al Festival
di Venezia: l’effetto è subito sconvolgente: dodici minuti di
applausi, entusiasmi, premio per la migliore sceneggiatura,
leoncino d’oro a Lorenzo Randazzo, che interpreta la parte di
Pappini bambino.
Man mano che esce nelle sale cinematografiche, il film
continua a raccogliere consensi, a suscitare emozioni e si
conclude costantemente con applausi spontanei e forti momenti
di commozione:
il regista ha saputo creare un prodotto equilibrato in ogni
sua parte, calato quasi totalmente nel fatto reale e che
ruota in una serie di tematiche ancora presenti nella
memoria, dalla splendida utopia del ’68 alla forza delle idee
della sinistra extra-parlamentare, alla dinamica dei
conflitti familiari nel triangolo padre-madre-fratello,
all’intuizione dell’uso politico dello strumento radiofonico,
all’entusiasmo giovanile dei compagni di lotta, alla
creatività degli hyppies e dei movimenti del ’77, alla
crudeltà di un sistema che non esita a ricorrere alla morte
nei confronti di chi lo smaschera e ne denuncia i misfatti.
Le scuole di tutta Italia, le università, le associazioni
culturali scoprono Peppino Impastato e proiettano il film
aprendo dibattitisu questa pagina di storia e di vita.
Il film è scelto anche per rappresentare l’Italia all’Oscar,
come miglior film straniero, ma non avrà la fortuna di
concorrere alla fase finale del premio per le stesse ragioni
a suo tempo avanzate per “Il Postino”:
è un film “comunista”, o quantomeno un film in cui il
comunismo è considerato una “positiva” scelta di vita:
per gli americani è meglio lasciar perdere.
In compenso, nell’aprile del 2001 il film vince cinque David
di Donatello, tra i quali quello per la scuola e quello per
io miglior attore protagonista, Luigi Lo Cascio.
(Tratto dal libro “Nel cuore dei coralli Peppino Impastato
una vita contro la mafia” di Salvo Vitale, Ed. Rubbettini, p.
246)
http://www.peppinoimpastato.com/i_cento_passi_film.htm
REALTA’ E FICTION NE “I CENTO PASSI”
http://www.peppinoimpastato.com/i_cento_passi.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Peppino_Impastato
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CINQUE X Mille ad EMERGENGY
Codice 971 471 101 55
CINQUE X Mille ad EMERGENGY
Codice 971 471 101 55