pirex
2010-05-10 21:16:48 UTC
60 miliardi per non finire come la Grecia.
Yesterday at 9:56am
L'Italia cerca 60 miliardi, ma il governo continua a non
svelare la realtà sulla finanza pubblica
Quando i manifestanti, mercoledì scorso, hanno circondato il
Parlamento di Atene, gridavano "bruciamo tutto" lanciando le
molotov e preparandosi alle cariche della polizia.
E’ ancora presto per dire se anche piazza Montecitorio sarà,
prima o poi, presa d’assalto come piazza Syntagma, ma di
certo una prima analogia è ormai evidente: anche l’Italia non
dice tutta la verità ai mercati finanziari.
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha scelto la
rischiosa via dell’equilibrismo contabile, del dico-non-dico,
sperando che le agenzie di rating e i mercati obbligazionari
diano tregua all’Italia.
RETROMARCIA.
Sembra passata un’era geologica da quando Tremonti giurava:
"Nessuna manovrina estiva".
Era il 9 di aprile, l’Ansa aveva rilanciato voci interne
alla maggioranza che davano per certa una Finanziaria a
luglio per trovare soldi che mancavano.
Ma Tremonti smentisce:
parla solo di una correzione già concordata con l’Europa di
mezzo punto di Pil (circa 8 miliardi) per rientrare
gradualmente dal deficit 2009 che è arrivato al 5,3 per
cento.
Dettaglio:
nel valutare gli impegni del governo, la Commissione aveva
rilevato che è impossibile prevedere nel 2010 lo stesso
gettito del 2009, dove le entrate sono state aiutate dallo
scudo fiscale.
Un mese dopo Tremonti ha già cambiato idea:
nel giorno in cui l’agenzia di rating Moody’s fa tremare le
Borse indicando che le banche italiane sono a rischio, il
Tesoro diffonde la "Relazione unificata sull’economia e la
finanza pubblica" (Ruef), un documento ufficiale che indica
cosa pensa il governo dell’economia.
Sorpresa:
invece che una correzione dello 0,5 per cento del Pil ne
serve una dello 0,8, pari a 25 miliardi in due anni.
Il doppio di quanto il ministro sosteneva un mese prima.
Colpa della crisi greca o dell’altalena delle Borse?
No, sono cambiate le stime di crescita sul 2010 e 2011:
nel Dpef aggiornato a settembre 2009 la crescita prevista per
il prossimo anno era del 2 per cento.
Ora, nella Ruef, è dell’1,5 ma resta un’ottimistica
previsione del 2 per cento nel 2012.
Il Fondo monetario internazionale, nel suo ultimo World
economic outlook, dice addirittura che la crescita sarà dello
0,8 per cento nel 2010 e del 1,2 nel 2011, e sta continuando
a rivedere al ribasso le stime.
50 MILIARDI.
E questo cosa significa per il governo?
Che per rispettare gli impegni presi con l’Europa non dovrà
trovare soltanto 25 miliardi in due anni, bensì almeno 50,
cioè fare manovre correttive per oltre 100mila miliardi di
vecchie lire, un intervento sull’economia paragonabile a
quello di Giuliano Amato nel 1992.
Tremonti non sta mentendo ai mercati, ma si cimenta in una
difficile danza dei sette veli per rivelare un poco per volta
le vere condizioni dell’Italia, un modo di prendere tempo per
evitare di diffondere l’immagine di un Paese fragile proprio
nel momento in cui i mercati finanziari cercano di fiutare la
preda più debole per affondarla.
E’ un gioco rischioso, sostenibile soltanto perché al Tesoro
ci sono validi tecnici nel dipartimento del Debito pubblico,
guidati da Maria Cannata (elogiata pochi giorni fa a tutta
pagina dal Wall Street Journal), che hanno allungato la
durata media del debito a 7 anni.
Così l’Italia ha meno bisogno di altri di sottoporsi al
giudizio con le aste per i suoi titoli di debito nel momento
più difficile della crisi finanziaria.
Ma la sostanza non cambia:
mancano 50-60 miliardi.
IL PROGRAMMA.
Ormai cominciano a riconoscerlo anche gli esponenti più
pragmatici della maggioranza.
Giuliano Cazzola, deputato Pdl e capogruppo della
commissione Lavoro, scriveva ieri in un intervento sul
Quotidiano Nazionale che serve subito "una strategia
rigorosa, assolutamente allineata con le indicazioni della Ue
(la quale chiede di ridurre, ogni anno, il deficit in misura
pari a mezzo punto di Pil).
[...] Non c’è un solo minuto da perdere".
Con buona pace di altri membri del Pdl, come Fabrizio
Cicchitto, che ancora ieri sul Foglio vagheggiava una
possibile riduzione delle tasse.
Intanto, dice Cicchitto, cominciamo a tagliare le risorse
destinate agli enti locali.
Federalismo addio?
Con la finanza pubblica in queste condizioni, è molto
probabile che la vittoria della Lega alle Regionali non
basti.
Entro il 30 giugno devono essere presentati al parlamento i
conti del federalismo fiscale, perché tutti – leghisti
inclusi – si sono sempre mossi al buio.
Senza sapere quanto costerà alle casse dello Stato.
Tremonti, per quanto filo-leghista, non è disposto a
spaventare il mercato promettendo interventi insostenibili.
E non può essere un caso che proprio in questi giorni sia
scomparso dal sito del ministero delle Finanze il libro
bianco del 1994 sulla riforma fiscale, che racchiude il sogno
impossibile delle due aliquote Irpef, ripescato a fine 2009
come base per una riforma fiscale che, forse, Berlusconi non
riuscirà a fare neppure questa volta.
L’altro canarino nella miniera del debito è Confindustria:
all’assemblea di Parma, a fine febbraio, Emma Marcegaglia ha
chiesto al governo 2,5 miliardi, un ultimatum che scade il 26
maggio, all’assemblea nazionale di Roma.
Ma di quei soldi non c’è traccia.
E quando il Fatto ha chiesto alla Marcegaglia che succede e
se quelle risorse arriveranno lei, incerta, ha risposto
soltanto "vediamo".
Perché anche lei sa che i soldi non ci sono.
FONTE:http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2485548&yy=2010&mm=05&dd=09&title=la_verita_nascosta_di_tremonti
http://www.facebook.com/note.php?note_id=394278671601
Yesterday at 9:56am
L'Italia cerca 60 miliardi, ma il governo continua a non
svelare la realtà sulla finanza pubblica
Quando i manifestanti, mercoledì scorso, hanno circondato il
Parlamento di Atene, gridavano "bruciamo tutto" lanciando le
molotov e preparandosi alle cariche della polizia.
E’ ancora presto per dire se anche piazza Montecitorio sarà,
prima o poi, presa d’assalto come piazza Syntagma, ma di
certo una prima analogia è ormai evidente: anche l’Italia non
dice tutta la verità ai mercati finanziari.
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha scelto la
rischiosa via dell’equilibrismo contabile, del dico-non-dico,
sperando che le agenzie di rating e i mercati obbligazionari
diano tregua all’Italia.
RETROMARCIA.
Sembra passata un’era geologica da quando Tremonti giurava:
"Nessuna manovrina estiva".
Era il 9 di aprile, l’Ansa aveva rilanciato voci interne
alla maggioranza che davano per certa una Finanziaria a
luglio per trovare soldi che mancavano.
Ma Tremonti smentisce:
parla solo di una correzione già concordata con l’Europa di
mezzo punto di Pil (circa 8 miliardi) per rientrare
gradualmente dal deficit 2009 che è arrivato al 5,3 per
cento.
Dettaglio:
nel valutare gli impegni del governo, la Commissione aveva
rilevato che è impossibile prevedere nel 2010 lo stesso
gettito del 2009, dove le entrate sono state aiutate dallo
scudo fiscale.
Un mese dopo Tremonti ha già cambiato idea:
nel giorno in cui l’agenzia di rating Moody’s fa tremare le
Borse indicando che le banche italiane sono a rischio, il
Tesoro diffonde la "Relazione unificata sull’economia e la
finanza pubblica" (Ruef), un documento ufficiale che indica
cosa pensa il governo dell’economia.
Sorpresa:
invece che una correzione dello 0,5 per cento del Pil ne
serve una dello 0,8, pari a 25 miliardi in due anni.
Il doppio di quanto il ministro sosteneva un mese prima.
Colpa della crisi greca o dell’altalena delle Borse?
No, sono cambiate le stime di crescita sul 2010 e 2011:
nel Dpef aggiornato a settembre 2009 la crescita prevista per
il prossimo anno era del 2 per cento.
Ora, nella Ruef, è dell’1,5 ma resta un’ottimistica
previsione del 2 per cento nel 2012.
Il Fondo monetario internazionale, nel suo ultimo World
economic outlook, dice addirittura che la crescita sarà dello
0,8 per cento nel 2010 e del 1,2 nel 2011, e sta continuando
a rivedere al ribasso le stime.
50 MILIARDI.
E questo cosa significa per il governo?
Che per rispettare gli impegni presi con l’Europa non dovrà
trovare soltanto 25 miliardi in due anni, bensì almeno 50,
cioè fare manovre correttive per oltre 100mila miliardi di
vecchie lire, un intervento sull’economia paragonabile a
quello di Giuliano Amato nel 1992.
Tremonti non sta mentendo ai mercati, ma si cimenta in una
difficile danza dei sette veli per rivelare un poco per volta
le vere condizioni dell’Italia, un modo di prendere tempo per
evitare di diffondere l’immagine di un Paese fragile proprio
nel momento in cui i mercati finanziari cercano di fiutare la
preda più debole per affondarla.
E’ un gioco rischioso, sostenibile soltanto perché al Tesoro
ci sono validi tecnici nel dipartimento del Debito pubblico,
guidati da Maria Cannata (elogiata pochi giorni fa a tutta
pagina dal Wall Street Journal), che hanno allungato la
durata media del debito a 7 anni.
Così l’Italia ha meno bisogno di altri di sottoporsi al
giudizio con le aste per i suoi titoli di debito nel momento
più difficile della crisi finanziaria.
Ma la sostanza non cambia:
mancano 50-60 miliardi.
IL PROGRAMMA.
Ormai cominciano a riconoscerlo anche gli esponenti più
pragmatici della maggioranza.
Giuliano Cazzola, deputato Pdl e capogruppo della
commissione Lavoro, scriveva ieri in un intervento sul
Quotidiano Nazionale che serve subito "una strategia
rigorosa, assolutamente allineata con le indicazioni della Ue
(la quale chiede di ridurre, ogni anno, il deficit in misura
pari a mezzo punto di Pil).
[...] Non c’è un solo minuto da perdere".
Con buona pace di altri membri del Pdl, come Fabrizio
Cicchitto, che ancora ieri sul Foglio vagheggiava una
possibile riduzione delle tasse.
Intanto, dice Cicchitto, cominciamo a tagliare le risorse
destinate agli enti locali.
Federalismo addio?
Con la finanza pubblica in queste condizioni, è molto
probabile che la vittoria della Lega alle Regionali non
basti.
Entro il 30 giugno devono essere presentati al parlamento i
conti del federalismo fiscale, perché tutti – leghisti
inclusi – si sono sempre mossi al buio.
Senza sapere quanto costerà alle casse dello Stato.
Tremonti, per quanto filo-leghista, non è disposto a
spaventare il mercato promettendo interventi insostenibili.
E non può essere un caso che proprio in questi giorni sia
scomparso dal sito del ministero delle Finanze il libro
bianco del 1994 sulla riforma fiscale, che racchiude il sogno
impossibile delle due aliquote Irpef, ripescato a fine 2009
come base per una riforma fiscale che, forse, Berlusconi non
riuscirà a fare neppure questa volta.
L’altro canarino nella miniera del debito è Confindustria:
all’assemblea di Parma, a fine febbraio, Emma Marcegaglia ha
chiesto al governo 2,5 miliardi, un ultimatum che scade il 26
maggio, all’assemblea nazionale di Roma.
Ma di quei soldi non c’è traccia.
E quando il Fatto ha chiesto alla Marcegaglia che succede e
se quelle risorse arriveranno lei, incerta, ha risposto
soltanto "vediamo".
Perché anche lei sa che i soldi non ci sono.
FONTE:http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2485548&yy=2010&mm=05&dd=09&title=la_verita_nascosta_di_tremonti
http://www.facebook.com/note.php?note_id=394278671601
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